by Sandra Berretti
A seguito dell’epidemia cosiddetta “Spagnola”, diffusasi sul finire della seconda decade del XX secolo, i morti furono milioni ed in Italia intere famiglie vennero decimate tanto che, tra i ceti più poveri – come raccontava a noi nipoti la nonna che aveva vissuto in prima persona quel tragico evento – molti ragazzini superstiti, rimasti soli e privi di qualsivoglia tutela, vennero assunti “a servizio” da famiglie benestanti.
Oggi, la grave situazione di emergenza determinata dal Coronavirus, pur non compromettendo i rapporti familiari in modo così drammatico come avvenuto un secolo fa, sta pesando comunque sulle dinamiche, talvolta già difficili, delle famiglie disgregate.
Abbiamo osservato, in modo necessariamente sommario, che una delle più frequenti questioni insorte in ambito familiare a seguito dei limiti imposti alla mobilità alle persone dalla normativa di urgenza vigente, è quella relativa alla gestione dei figli da parte dei genitori separati.
Già all’esito dei primi interventi restrittivi introdotti dal Governo italiano, numerosi sembravano essere gli interrogativi dei genitori separati (soprattutto non collocatari) sulla possibilità di frequentare liberamente i propri figli. E’ possibile spostarsi dal proprio domicilio per esercitare i propri diritti di genitore senza incorrere in sanzioni (che tra l’altro stanno diventando sempre più severe) e, soprattutto, è giusto far uscire da casa i minori mettendo a repentaglio la loro salute ?
All’indomani della entrata in vigore del DCPM del 9 marzo, lo stesso con il quale veniva sospesa anche l’attività didattica in tutte le scuole italiane, sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel rispondere alle FAQ pubblicate (Decreto #IoRestoaCasa, domande frequenti sulle misure adottate dal Governo) si precisava che gli spostamenti ‘per raggiungere i figli minori presso l’altro genitore o presso l’affidatario sono sempre consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione e divorzio’. Dunque, i genitori, ed in particolare il genitore collocatario, dovevano permettere il normale alternarsi dei figli, secondo quanto concordato.
Già l’11 marzo 2020, con provvedimento inaudita altera parte, il Tribunale di Milano (sez. IX)[1], chiamato a pronunciarsi sull’istanza urgente di una madre che, in ragione del diffondersi del Covid-19, pretendeva la sospensione della frequentazione padre – figli, prescriveva ai genitori di attenersi alle previsioni adottate con il verbale di separazione consensuale, ritenendo in alcun modo sospesa la normativa di emergenza la normale frequentazione genitori-figli (richiamando sul punto proprio la risposta alla FAQ pubblicata sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri).
Con l’estendersi della pandemia, il realizzarsi di difficoltà sempre maggiori negli spostamenti ed il raccomandato distanziamento sociale delle persone, molti genitori, soprattutto (ma non solo), coloro che hanno rapporti conflittuali con l’altro genitore, risultano essersi rivolti ai loro avvocati per avere rassicurazioni e chiarimenti. Da un lato i genitori non collocatari che potrebbero veder compromessi i tempi di frequentazione con i figli, dall’altro i genitori collocatari, spesso riluttanti a far uscire i minori dal domicilio prevalente ed a consentir loro di spostarsi con e presso l’altro genitore.
“Siamo di fronte ad un bivio” ha scritto la Giunta Nazionale Aiaf attraverso la sua Presidente Avv. Cinzia Calabrese “tutelare la salute a rischio di comprimere il diritto del bambino ad una condivisa genitorialità o attenerci strettamente alle norme imposte dal governo e quindi comprimere, momentaneamente, la libera circolazione del minore, tutelando il bene della salute e della vita?”[2]
Si sono confrontati, sul punto, i rappresentanti nazionali delle diverse associazioni specialistiche di settore riunitisi in videoconferenza con la Commissione famiglia del CNF i quali, nel redigere un documento comune [3] – frutto di punti di vista diversi sulla prevalenza o meno della salute dei minori e della comunità rispetto all’esercizio della bigenitorialità – concludono che “i figli hanno diritto ad essere tutelati nel miglior modo possibile, avendo a cuore la loro salute prima di qualsiasi altra cosa”.
In altre parole, stante la gravità della situazione sanitaria, sembra ritenersi prevalente, là ove debba realizzarsi un bilanciamento degli interessi, tutti di rango costituzionale, il diritto alla salute sia su quello relativo all’esercizio della bigenitorialità, sia su quello riguardante il benessere psico-fisico del figlio minore che si realizza anche con la presenza e la vicinanza di entrambi i genitori (ai sensi degli artt. 2, 3, 30, 31 e 31 Cost.)
Con i successivi provvedimenti del Governo, che vietano gli spostamenti delle persone da un Comune ad un altro se non per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza o per motivi di salute, la mobilità dei genitori che intendono esercitare il proprio diritto di visita è reso ulteriormente difficile.
Ecco quindi che, in una situazione così delicata, fondamentale è il ruolo dell’avvocato il quale, proprio nell’attuale situazione di emergenza, dovrebbe mettere in campo ogni possibile sforzo per mitigare la conflittualità delle parti, orientare i propri assistiti verso soluzioni “su misura” dettate dalla peculiarità della situazione, suggerire l’utilizzo, là ove possibile, di forme di contatto e comunicazione via web e, soprattutto, fornire risposte dettate da senso di responsabilità che siano condivise, auspicabilmente, con il collega che rappresenta l’altro genitore.
[1] https://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/dirittoCivile/famiglia/2020-03-17/il-diritto-visita-genitore-tempi-coronavirus-090705.php