by Avv. Elena Borsacchi
La legge n. 69 del 19 luglio 2019 dà ingresso alla copiosa serie di modifiche legislative al codice penale, al codice di procedura penale, nonché di disposizioni poste a tutela delle vittime di violenza di genere e domestica, raccolte sotto l’egida del cosiddetto “codice rosso”. L’entrata in vigore della legge, pubblicata in gazzetta ufficiale il 25 luglio u.s., ha favorito la ripresa del mai sopito dibattito tra i sostenitori dell’interventismo legislativo emergenziale e i tecnici più cauti, solitamente allarmati dalla mano pesante e poco lungimirante del più recente legislatore penale. Interessante si presenta – oltre alla lettura del testo normativo di cui tanti e autorevoli commentatori diranno – la lettura del testo dei lavori parlamentari al Senato del Disegno di legge S1200 integrata con altri materiali di approfondimento, in particolare: 1. il resoconto della 134esima seduta del Senato che vede la conclusiva discussione generale e la votazione; 2. i documenti acquisiti dalla Commissione Giustizia del Senato, tra cui l’intervento integrativo e di osservazione dell’Unione delle Camere Penali Italiane, nonché altri materiali forniti dalle associazioni di categoria e dalle istituzioni interpellate; 3. la Relazione di Minoranza della II Commissione Giustizia Permanente al Senato. Come si vedrà, nonostante lo spirito politico sotteso all’intervento legislativo del Codice Rosso abbia accomunato forze politiche di diversa estrazione e appartenenza, non poche sono le perplessità di ordine tecnico e metodologico riscontrate dalla maggior parte degli interventi tecnici. La censura ad oggi più evidente – in attesa di una lettura più approfondita, nonché di commenti a margine di primissime applicazioni – sembra riguardare le tempistiche imposte dalla lettera della legge agli Uffici giudiziari che parrebbero tradire, stante la formulazione “utopistica” degli adempimenti imposti, in particolare, alle Procure in fase di indagine, una mancata digestione, da parte del legislatore del Codice Rosso, dei problemi che affliggono attualmente i corridoi della giustizia penale. L’Avv. Giandomenico Caiazza, Presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane, già nella primavera del 2019 nel corso di un intervento dalle tinte forti ed incisive, poneva ai penalisti una riflessione sempre attuale, oltre che utile all’adozione di un approccio critico nell’analisi di qualsivoglia intervento riformista del legislatore penale del nostro tempo:”In questa temperie autoritaria e populista, il compito dei giuristi è quello di coltivare e mantenere vivo il pensiero critico, mettendo a nudo – di fronte all’esibizione muscolare – la sostanziale incapacità del legislatore di governare i fenomeni criminali. Davvero, pena più severa significa maggiore tutela? Come ci ricorda magistralmente Domenico Pulitanò, “al legislatore che fa leva sulle minacce di pena, giocando al rialzo, va chiesto che cosa prevede di ottenere. […] Le pene inflitte e da eseguire seguono all’inosservanza della legge, a un non funzionamento della tutela. Segnalano problemi non risolti”. Ridotta la politica penale, la politica criminale “è una fuga dalle responsabilità di governo politico di fenomeni sociali”. I consensi facili guadagnati oggi saranno, inesorabilmente, i fallimenti di domani.”
[Caiazza G D, Governo populista e legislazione penale: un primo bilancio, in Dir. pen. e proc., 5/2019, 592].